Lo spettacolo “Paradiso” è la costruzione di un giardino e non riporta la parola della Divina Commedia, non cerca di tradurre il testo in movimento ma si pone sulla soglia di una sospensione, cerca di raccogliere la tenuità del contatto e il gesto primordiale, liberatorio e vertiginoso dell’amore.
Il Paradiso di Dante ricompone il corpo secondo una lontananza che è propria dell’aura, un luogo definito dal movimento, da ciò che è mutevole.
Un viaggio che si conclude nello spazio senza tempo della felicità.
Il cammino di Dante non è assimilabile a niente, pura invenzione di una lingua inappropriabile che si trasforma in molecole di dialetto e oralità, gesto sospeso e luccicanze improvvise.
È un cammino dall’umano al divino, dal tempo all’eterno.